Archivio degli articoli con tag: intimità

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“Quando tutte le finestre erano spalancate il vicolo era meno lugubre, meno silenzioso. Era percorso da un fremito di vita: da una casa all’altra si rincorrevano voci, una madre chiamava il bambino che giocava per strada, si udiva il suono di un disco o di una radio, è come sottofondo il rombo delle auto in tue de la Santé e perfino l’eco lontana dei rumori del l’incrocio con due Saint-Jacques. Affacciato alla finestra, Bouin contemplava i mobili che venivano accatastati nel furgone dopo essere stati smontati, scoprendo così i gusti e, in fondo, l’intimità di persone che aveva soltanto incontrato per strada. Si stupiva della macchina da scrivere di un ex ufficiale, di un immenso quadro con la cornice dorata che raffigurava una battaglia navale al tempo dei pirati.”

Georges Simenon “Il gatto” pag.111

Foto di Les Brumes

 

Christophe Horoyan

A few days in Sweden by Christophe Horoyan

Anna mi espose il suo progetto: armadio a cinque sportelli, con specchio interno; tavolo da tinello, sei sedie, una rete a una piazza e mezzo, comoda ma senza testiera, due poltrone, un tavolinetto da fumo. L’essenziale per un minimo di casa, e tirate le somme faceva centoquarantaquattromila lire. Il mobiliere era disposto a farci pagare un terzo subito e gli altri due terzi a rate mensili, ma si poteva andare anche più su con la spesa, aggiungere venti tavolette di rovere di Slavonia: ce le avrebbe date per quindicimila lire compressive. “A che servono le tavolette?” “Per fare la libreria.” “Come?” “Le facciamo bucare ai quattro angoli, ci passiamo un filo da elettricista, di quelli rivestiti di plastica colorata, poi bastano due chiodi al muro, e la tavoletta regge una trentina di libri. Con venti tavolette i miei e i tuoi ci entrano comodi.”

Luciano Bianciardi, “La vita agra”

Doug Mo (Gone Vagabonding) on Flickr

foto di Douglas Mo

C’era una cosa in particolare che Joyce era lieta di vedere quando imboccava il vialetto di casa. Molte persone in quel periodo, perfino il proprietario di qualche villino con tetto di paglia, si facevano installare le cosiddette porte a vetri da patio, anche quando non avevano patio. Di solito le lasciavano senza tende e quei lunghi rettangoli di vetro parevano diventare indizio o promessa di abbondanza, protezione, benessere. Perchè mai fosse così, più che nel caso di finestre comuni, Joyce non avrebbe saputo dirlo. Forse dipendeva dal fatto che perlopiù non si limitavano ad affacciarsi sul buio della foresta ma vi si aprivano direttamente, oltre a rivelare in modo esplicito il porto sicuro di un interno domestico. Persone a figura intera indaffarate ai fornelli o sedute a guardare la televisione: scene che la incantavano, benchè sapesse che, una volta dentro, le stesse cose non sarebbero apparse altrettanto speciali.

Alice Munro, “Racconti” in Troppa felicità

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di Hamed Ilkhan

Se si sfoglia il nostro album di famiglia
i primi dieci anni della mia vita
sono stati spesi in bianco e nero
e prevalentemente nel nostro salotto
i miei ricordi di quegli anni
sono pieni di colore.
Hamid Ziarati, scrittore iraniano

dal libro Iranian Living Room, il primo di una serie di progetti editoriali autopubblicati da Fabrica

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Paula Mills, The Hiding Tree by mockingbirds

La casa è molto più di un luogo dove vivere. E’ l’arte dei passaggi, degli eventi della vita; dà alla vita orientamenti che producono un riflesso psicologico, fornisce una struttura che fa da sfondo a quei paesaggi e fa sì che essi siano ben altro che piatti eventi

R. Sardello Luoghi dell’anima

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di Tim Robinson

“Ci sono case molto, molto piene (di roba) e case piene di roba e poi ci sono case vuote e case molto, molto vuote e naturalmente un benestante, un signore, un protetto dalla storia e dalla società ä portato a pensare che le case vuote e quelle molto vuote siano le case dei poveri e dei molto poveri, di quelli che “non hanno”, ma si sbaglia, non è così. Le case dei poveri e dei molto poveri di solito sono così piccole, lo spazio è così corto, che la roba (il tavolo, le sedie, i mobiletti, le scatole, gli scatoloni, la bicicletta, la bambola) non ci sta mai, si accatasta, si ammucchia in ogni angolo, come i resti del fiume contro la curva; questa è la ragione per la quale la casa dei poveri ä comunque sempre affollata e ansiosa. Poi può darsi che i poveri, per questa loro molto faticosa condizione, siano presi da una paranoia speciale, da quella speciale paura di avere ancora meno, che li costringe, tutte le volte che possono, a comperare roba, purchè sia, per immagazzinarla, per sentirsela addosso ad ogni costo; questa è un’altra ragione per la quale le loro case sono strette e senza aria, diventano sempre più disastrose, come si vedeva molto bene anche in quel film intitolato “La classe operaia va in paradiso”. Mi pare.

Allora se è vero che le case vuote e quelle molto vuote non sono le case dei poveri e dei molto poveri, di chi sono le case vuote? Questo è molto difficile da decidere.

In generale uno potrebbe pensare, per esempio, che le case vuote siano semplicemente le case di quelli che aspettano di poterle riempire; ma anche questo pensiero risulta presto insostenibile, dato il fatto noto che le case dei giovani, voglio dire le case dei giovani signori o quasi, sono subito piene(prima ancora di esistere e di essere abitate) di tutti i segni, simboli,chiavi, chiavistelli, grimaldelli, cerniere, motorini vari, sussidiari o no, che servono a ben disporsi, dilatarsi e avere successo nella società civile, così si chiama.

Resta soltanto un terzo pensiero possibile. Quello che attribuisce le case vuote a gente tanto privilegiata, tanto padrona delle condizioni esterne e di sé , da poter essere (o sembrare) povera per autodecisione, cioè gente tanto privilegiata o fortunata o coraggiosa da poter autodecidere quando, quanto e come sottrarsi al generale festival della competizione al quale normalmente l’istinto della sopravvivenza spinge e costringe più o meno ogni persona normale.”

Ettore Sottsass Di chi sono le case vuote in C’est pas facile la vie

di Leslie Thomson

Non è necessario che tu esca di casa. Rimani al tuo tavolo e ascolta. Non ascoltare neppure, aspetta soltanto. Non aspettare neppure, resta in perfetto silenzio e solitudine. Il mondo ti si offrirà per essere smascherato, non ne può fare a meno, estasiato si torcerà davanti a te.

Franz Kafka

di yoko takahashi

“La questione dell’abitare coinvolge la totalità dell’essere” Carl Gustav Jung