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di Tim Robinson

“Ci sono case molto, molto piene (di roba) e case piene di roba e poi ci sono case vuote e case molto, molto vuote e naturalmente un benestante, un signore, un protetto dalla storia e dalla società ä portato a pensare che le case vuote e quelle molto vuote siano le case dei poveri e dei molto poveri, di quelli che “non hanno”, ma si sbaglia, non è così. Le case dei poveri e dei molto poveri di solito sono così piccole, lo spazio è così corto, che la roba (il tavolo, le sedie, i mobiletti, le scatole, gli scatoloni, la bicicletta, la bambola) non ci sta mai, si accatasta, si ammucchia in ogni angolo, come i resti del fiume contro la curva; questa è la ragione per la quale la casa dei poveri ä comunque sempre affollata e ansiosa. Poi può darsi che i poveri, per questa loro molto faticosa condizione, siano presi da una paranoia speciale, da quella speciale paura di avere ancora meno, che li costringe, tutte le volte che possono, a comperare roba, purchè sia, per immagazzinarla, per sentirsela addosso ad ogni costo; questa è un’altra ragione per la quale le loro case sono strette e senza aria, diventano sempre più disastrose, come si vedeva molto bene anche in quel film intitolato “La classe operaia va in paradiso”. Mi pare.

Allora se è vero che le case vuote e quelle molto vuote non sono le case dei poveri e dei molto poveri, di chi sono le case vuote? Questo è molto difficile da decidere.

In generale uno potrebbe pensare, per esempio, che le case vuote siano semplicemente le case di quelli che aspettano di poterle riempire; ma anche questo pensiero risulta presto insostenibile, dato il fatto noto che le case dei giovani, voglio dire le case dei giovani signori o quasi, sono subito piene(prima ancora di esistere e di essere abitate) di tutti i segni, simboli,chiavi, chiavistelli, grimaldelli, cerniere, motorini vari, sussidiari o no, che servono a ben disporsi, dilatarsi e avere successo nella società civile, così si chiama.

Resta soltanto un terzo pensiero possibile. Quello che attribuisce le case vuote a gente tanto privilegiata, tanto padrona delle condizioni esterne e di sé , da poter essere (o sembrare) povera per autodecisione, cioè gente tanto privilegiata o fortunata o coraggiosa da poter autodecidere quando, quanto e come sottrarsi al generale festival della competizione al quale normalmente l’istinto della sopravvivenza spinge e costringe più o meno ogni persona normale.”

Ettore Sottsass Di chi sono le case vuote in C’est pas facile la vie

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